Torino 30, la politica deve andar veloce

Ho poche occasioni oramai per partecipare alla vita attiva di questa città. Ho poco tempo, una certa esperienza di come vanno a finire le cose, molto disincanto proprio dovuto ad una certa maturità. Non ho più tempo per cercare di convincere chi sta accanto delle mie scelte. Io vado per la mia strada.

Però qualche eccezione me la concedo. È una di queste era ieri a Cinemabiente in un'iniziativa di ricordo a Gabriele che però guardava avanti e guardava oltre invitando Andrea Colombo a parlare di #Citta30.

È stato un evento abbastanza partecipato ma che mi ha lasciato l'amaro in bocca di un caffè non digerito.

Il caffè (ovvero la discussione su come fare le città 30) era buono grazie al contributo dell'ex assessore alla mobilità di Bologna e oggi esperto della Fondazione Innovazione Urbana di Bologna, la cattiva digestione è stata l'assimilazione torinese dell'assessore Foietta.

Non deve essere una posizione facile sedere su quello scranno dopo cinque anni di opposizione in cui c'è stata una ideologia nell'imporre un modello peraltro condivisibile di mobilità. Una ideologia che ha contrapposto due città: i favorevoli e i contrari. La Foietta ha grandi scusanti compresa quella di un partito che in Piemonte non è lo stesso di quello emiliano "più sperimentatore" o curioso di cavalcare alcune nuove istanze sociali.

Detto questo ho avuto l'impressione che si giocasse di rimessa come  difronte ad una grande squadra.

Le cose che mi hanno messo tristezza sono affermazioni del tipo:

siamo costretti a  fare gli sceriffi sulle linee dì mezzeria
l'asfalto si mangia le vernici appena messe
ci aspettano tempi bui quindi dobbiamo resistere, resistere, resistere

Nessuno nega che sia difficile in questa città come in molte città italiane far digerire novità ad altre latitudini ormai assimilate.

C'era una slide di Colombo che illustrava l'andamento del consenso sulla città 30 a Graz mi pare. In cinque anni si ribaltava la percentuale di contrari e favorevoli.

Ecco io mi sarei aspettato che quel grafico  fosse un monito per un assessore in pieno mandato: se nei primi due anni non hai lavorato duramente e velocemente i meriti se li prenderanno i successori. Un po' come sta accadendo a questa giunta che portando a termine i lavori immaginati dalla precedente amministrazione (e anche da Gabriele) sta godendo in questi mesi di un positivo riscontro spesso silente da parte dei ciclisti e del vantaggio di non dover gestire conflitti (perché si può facilmente obiettare che sono lavori già previsti e finanziati dalla precedente amministrazione).

Una rendita politica insomma, al netto di opere spesso imposte e non costruite con un senso sociale che oggi è difficile ricostruire a Torino per la contrapposizione delle parti di cui parlavo sopra.

In tutto questo che manca? L'immaginazione, una visione della città. Si scambia il valore di un'idea di futuro, la mancanza di coraggio di mettere da parte del tutto l'immagine di una città (ancora) della famiglia Agnelli con la buona amministrazione.

Che te ne fai della immagine di buona amministrazione? È un prerequisito di una classe dirigente. Puoi trovare buoni amministratori a destra come a sinistra. Abili gestori dei consensi e dei conti.

Bisognerebbe cercare una bella amministrazione. Quella che ti ricordi a distanza di anni, quella che si perpetua in un cambiamento radicale anche degli spazi.

Ho massimo rispetto per le persone timide e mi ci riconosco in parte ma la timidezza non è un valore in politica. Come anche la paura di attraversare la strada.

Ecco Torino è, si diceva ieri. Torino è una città che ha paura ogni volta che deve attraversare la strada.